Impressioni da Expo:"Al Cluster Bio-Mediterraneo largo ai giovani"(II parte)

  • di Redazione Il Solidale
  • 23 lug 2015
  • LAVORO

Impressioni da Expo:"Al Cluster Bio-Mediterraneo largo ai giovani"(II parte)

Milano. Sicilia e Italia sono legate da un rapporto di tensione in cui l'una amplifica gli stati d'animo dell'altra. Se l'Italia dimostra all'Expo una carenza di creatività, il “cluster bio-mediterraneo” di cui la Sicilia è capofila le fa eco: si presenta letteralmente con un luogo comune, cioè una piazza come momento d'incontro fra culture. Di certo, l'Expo non è il posto adatto per montare una tribuna politica. Ma non sarebbe fuori luogo una presenza più incisiva per rinnovare un messaggio di apertura e integrazione di cui la Sicilia, nel contesto attuale di incomprensione fra le genti è capace meglio di qualsiasi altra regione d'Italia.

In effetti, il “cluster bio-mediterraneo” quando si anima è forse lo spazio più autentico dell’Expo: il resto è tutto una messa in scena più o meno accattivante, che offre allo spettatore uno spaccato dell'umanità nella veste del turista malgrado i pericoli. Infatti, l'articolazione degli spazi dell'Expo è concepita per massimizzare la dispersione della folla, per esigenze di sicurezza del pubblico. Questa comporta una conseguenza che passa inosservata: se la folla è così dispersa da non farsi notare, la gente è parimenti così ordinata da non farsi percepire. Per questo, nonostante il buon successo di pubblico, c'è chi insiste che “l'affluenza è scarsa”. Per questo c'è chi rimane deluso dalla visita senza individuare nell'artificiosità del luogo la causa del proprio disagio.

I visitatori che gettano da lontano uno sguardo sulla piazza del “cluster”, invece, ci si dirigono attratti dalla calca disordinata intorno alle degustazioni gratuite offerte dalle aziende siciliane (le uniche in tutta l’Expo); o dal pubblico del palco che pur di gustarsi il cannolo alla fine della dimostrazione, si lascia cucinare dal caldo, distratto dalla presentatrice; o dalle persone che vagano masticando pane cunzato (condito), o da quelle sparse sui tavoli che mangiano couscous declinato in tutte le salse magrebine. Questa è una semplice dimostrazione che, in fondo, l'uomo è attratto dai propri simili ancora prima che dalle proprie opere; e che si riunisce più volentieri per condividere un pasto, e quindi un racconto, che concordare un'idea. Dal Simposio al Convivio, le più convincenti espressioni di universalismo della civiltà occidentale hanno preso corpo nelle sale da pranzo.

Qui si materializza un uomo lontano da quell'artigiano di realtà virtuali ludiche, di giochi tecnologici di prestigio, di riprese audiovisive iper-realistiche, che si esibisce in un padiglione su due: è quell'uomo che prende per buona la scusa del caffè per incontrarsi, del gelato per conversare e del vino per conoscersi. È quell'uomo che, da piccolo, prima esige di essere nutrito; poi esplora il mondo tastandolo, imparando da sé ad apprezzarlo; e infine, quando diventa consapevole della presenza altrui, esprime il proprio affetto offrendo il cibo che gli spetta: è questo il primo gesto sociale. Non l'obbedienza alle regole che invece condiziona la spontaneità di quell'essere umano, che, unico nel regno animale, da piccolo ha la singolare pretesa di infilare il biscotto spezzettato in bocca al proprio genitore. Questi sono gli aspetti dell’uomo che il dotto osservatore scientifico e l’erudito opinionista in cose umane, entrambi molto ben rappresentati all'Expo, ignorano completamente.

Del resto, è nel luogo comune che si radica il buon senso. E questo, a sua volta, è condizione sufficiente di ospitalità. In linea di massima, i tedeschi accolgono di buon grado chi aderisce alle loro regole; gli anglo-sassoni, chi ne condivide gli ideali; i francesi, per tradizione, chiunque abbia buoni motivi. Tutti, in sostanza, accolgono chi, a vario titolo, è in grado di contribuire alla nazione adeguandosi ai costumi. La Sicilia no: nel senso che, come tutti i popoli isolani (mi vengono in mente i giapponesi), e al contrario delle civiltà continentali, non pretende alcun adeguamento di sostanza, aldilà dei convenevoli più o meno cerimoniosi. Questo perché la Sicilia storicamente accoglie chi ci capita, nella realtà così come nella sua versione ridotta all'Expo.

D'altro canto, la Sicilia, colonizzata dai greci, invasa dai romani, conquistata dagli arabi, dominata dai normanni, inglobata dagli aragonesi, sciupata dagli spagnoli, percorsa dagli inglesi, assorbita dai piemontesi e infine liberata dagli americani, porta malgrado sé i geni e le caratteristiche della terra d'accoglienza. Questo patrimonio unico è oggi rivendicato da giovani siciliani, liberi da pregiudizi autoctoni e d'importazione, che si affacciano al mondo senza timore, con lo stesso coraggio degli emigranti del secolo scorso, ma con l'orgoglio in più. Sono sempre stati la parte migliore della Sicilia.

Il “cluster bio-mediterraneo” ne è il miraggio, più che il riflesso, anche se va riconosciuto alle istituzioni siciliane il merito di aver dato spazio alle imprese più giovani e dinamiche che ne costituiscono le rinnovate eccellenze produttive: qui la Sicilia è più effettiva di quell'Italia che mercanteggia in titoli con l'America, più genuina di quella che apre ipermercati raffinati nelle metropoli, più concreta di quella che esporta solo firme d'autore, più lungimirante di quella che trivella pozzi di idrocarburi in Africa.

La crisi d'identità che attraversa la Sicilia e sulla quale politici sgraditi speculano a fini elettorali, è temporanea: è il sintomo di una metamorfosi che va compiendosi da una generazione all'altra. Ciò che i nostri nonni si sono lasciati alle spalle, e i nostri genitori hanno dimenticato, viene gradualmente recuperato dai giovani siciliani di oggi. L'elemento di permanenza, è la cultura, una cultura particolare, forgiata da secoli di commistioni in parte subite. Una cultura che implica un potenziale cosmopolita, e forse, presso le generazioni future, anche un modello di convivenza civile a dimensione d'uomo e vocazione globale. Se l'Italia affascina, il destino o il karma, a seconda dei punti di vista, della Sicilia è comunque quello di arricchire chi ne fa l'incontro.Marco Amuso