Disagi a Raddusa: chiusi parzialmente da oltre due mesi gli uffici di Poste Italiane

  • di Redazione Il Solidale
  • 11 mag 2020
  • CRONACA

Disagi a Raddusa: chiusi parzialmente da oltre due mesi gli uffici di Poste Italiane

RADDUSA – Al conto dei già numerosi problemi creati dal famigerato Coronavirus i cittadini raddusani hanno dovuto aggiungere quegli altri creati da Poste Italiane con una decisione alquanto discutibile. Infatti, sarà stato per questioni di interessi propri o per qualsiasi altro motivo a noi sconosciuto, da oltre due mesi Poste Italiane ha deciso di chiudere parzialmente il proprio ufficio di Raddusa e di tenerlo aperto al pubblico soltanto tre giorni alla settimana (martedì, giovedì e sabato dalle ore 8,30 alle 13,30). Così stando le cose i cittadini virtuosi che vorrebbero pagare le bollette alla naturale scadenza non ci riescono e, nello stesso tempo, i pensionati non riescono a ritirare la loro pensione nei giorni stabiliti dalla legge. La fila che, per quanto stabilito dai vari decreti emanati per colpa del Coronavirus, si forma è sempre chilometrica all’esterno dell’ufficio per cui, nell’arco dell’orario stabilito, non tutti i cittadini vengono serviti e quindi sono costretti a ritornare nel prossimo giorno di apertura ed a rifare il turno aspettando all’impiedi nello spazio antistante l’ingresso in attesa che venga chiamato del proprio numero. Quando poi a tutto questo si aggiunge il fatto che l’apparecchio del postamat, ubicato all’esterno dell’ufficio, a volte non è funzionante o sprovvisto di soldi, la situazione diventa insopportabile e i cittadini, impossibilitati a prelevare i soldi dal proprio conto corrente vanno letteralmente su tutte le furie e protestano con veemenza. Ai cittadini raddusani rimane per ora soltanto la speranza che la Direzione Provinciale di Poste Italiane ponga rimedio alla grave situazione venutasi a creare ed a ripristinare quanto meno gli antichi giorni lavorativi. Nella foto si vedono gli utenti attendere il proprio turno nello spazio antistante l’ufficio postale.   Francesco Grassia