Rione Sanità, l’arte dei guanti resiste al progresso. Intervista ad Alberto Squillace dei giovani Emilia e Salvatore del progetto P.I.T.E.R.

  • di Redazione Il Solidale
  • 14 mag 2022
  • Rione Sanità 2.0

Rione Sanità, l’arte dei guanti resiste al progresso. Intervista ad Alberto Squillace dei giovani Emilia e Salvatore del progetto P.I.T.E.R.

NAPOLI. In pochi sanno che nel cuore del Rione Sanità esiste uno storico guantificio che resiste al progresso. Le porte dell'atelier Omega, che si trova in via Stella 2, un'eccellenza tutta napoletana, nata nel 1923 e famosa in tutto il mondo, si  sono aperte per noi ragazzi/e del Progetto Piter. Tra vecchie Singer, pelli e fili colorati nella nostra intervista corale vi raccontiamo un viaggio alla ricerca del passato insieme ad Alberto Squillace, erede di un'azienda che si tramanda da 5 generazioni, grazie a una interista realizzata dai giovanissimi Emilia (13 anni) e Salvatore (12 anni) che stanno partecipano alle attività svolte nell'ambito del progetto P.I.T.E.R.
Come e quando nasce questa attività?
L'attività nasce nel 1923 ed io rappresento la quinta generazione della famiglia Omega. In pochi sanno che Napoli è conosciuta per la guanteria, ma soprattutto il quartiere Sanità. Per me è molto importante valorizzare e far conoscere soprattutto ai giovani del territorio queste ricchezze, che purtroppo sono sotto al nostro naso, ma in pochi conoscono.
Quanto tempo ci vuole per realizzare un paio di guanti?
Per un paio di guanti classico su per giù ci vogliono tre ore, tre ore e mezza. Questo ci fa capire l'artigianalità, la difficoltà e cosa c'è dietro la realizzazione di un paio di guanti tagliati a mano. Per politica nostra non vogliamo cambiare e continuiamo a fare questo tipo di prodotto.
Perchè in Italia si valorizzano così poco le eccellenze del made in Italy?
Sarà una questione ambientale legata alla temperatura, ma anche una questione economica. A mio avviso è un discorso che affonda le radici nella tradizione. Sono cresciuto con gli aneddoti di mio nonno, lui mi diceva che negli anni Venti, negli anni Trenta la donna non usciva mai senza guanti e cappello, era un vezzo che purtroppo oggigiorno si è perso. A me spetta la patata bollente di far ritornare in auge questa antica arte.