Massimiliano Perrotta e il suo "Mare Nostrum" per ricordare e non dimenticare la drammatica disperazione vissuta dai migranti in fuga

  • di Redazione Il Solidale
  • 20 mag 2020
  • CULTURA

Massimiliano Perrotta e il suo "Mare Nostrum" per ricordare e non dimenticare la drammatica disperazione vissuta dai migranti in fuga

ROMA - Fra i tanti eventi in cui ha riscosso consensi e scroscianti applausi, anche venerdì 3 luglio 2015, alle 21, all’Expo di Milano e poi al Cluster Bio-Mediterraneo della Regione Siciliana, è stato proiettato il video dello spettacolo “Mare nostrum” scritto da Massimiliano Perrotta e diretto da Walter Manfrè, con la partecipazione di 15 migranti ospiti del CARA di Mineo e degli SPRAR del Calatino - Sud Simeto. Prodotto dal Teatro Mediterraneo, “Mare nostrum” è uno spettacolo polifonico che racconta storie di persone di nazionalità e culture diverse ognuna delle quali offre il proprio tassello all’affresco allestito da Manfrè. Un pescatore filosofo siciliano, una notte, nel Mediterraneo, ode delle voci che giungono dal mare, chi sono non sa, voci di vivi, voci di morti, voci che giungono dal passato o dal futuro. L’intento dello spettacolo è quello di raccontare l’anima mediterranea, interrogandosi sulle similitudini, i punti di contatto che accomunano i popoli che si affacciano sul “mare nostrum”. Il tutto nasce da un incontro tra il drammaturgo e alcuni migranti ospiti del CARA, che hanno raccontato storie, emozioni, impressioni che Perrotta traspone in forma letteraria, rileggendole dal suo punto di vista, aggiungendo elementi frutto della fantasia. “Mare nostrum” ha visto alternarsi sulla scena i migranti e 5 attori professionisti: Orazio Alba, Gisella Calì, Giuseppe Carbone, Gianni Pellegrino e Roberto Pensa. Le musiche erano di Carlo Muratori, scenografie e costumi di Giovanna Giorgianni. Lo spettacolo ha debuttato a Mineo nel 2014, ed è stato in cartellone al Tindari Festival ed è stato replicato con grande successo al Teatro Golden di Roma. La proiezione è stata ancora una volta preceduta da un incontro con Walter Manfrè e Massimiliano Perrotta il quale adesso ci sottopone con piacere il testo del dramma “MARE NOSTRUM”, scritto per ricordare e per non dimenticare che il dramma degli sbarchi... purtroppo... prosegue. Massimiliano Perrotta è nato a Catania nel 1974. Ha trascorso i suoi primi 19 anni a Mineo e vive oggi a Roma. Drammaturgo e regista, fra le altre cose, ha pubblicato “Cornelia Battistini o del fighettismo” (La Cantinella, 2006), “Hammamet” (Sikeliana, 2010, Premio Giacomo Matteotti della Presidenza del Consiglio dei Ministri), “Riva occidentale” (Sikeliana, 2017). È stato tradotto in francese e in spagnolo.   Salvo Cona

 

MARE NOSTRUM   Un dramma di Massimiliano Perrotta

In questi mesi sono successe tante brutte cose… ma i migranti hanno continuato a sbarcare. Per ricordarci di loro, pubblichiamo il dramma Mare nostrum di Massimiliano Perrotta.

Mare nostrum fu scritto dall’autore incontrando i migranti Alagie, Anifa, Bechir, Bhuiyan, Bubacarr, Fadera, Lucky, Nasimul. Debuttò a Mineo il 10 luglio 2014 con la regia del maestro Walter Manfrè. In scena gli attori Roberto Pensa, Orazio Alba, Gisella Calì, Giuseppe Carbone,  Gianni Pellegrino e i migranti Bakary, Boisse, Buba, Gloria, Happy, Joseph, Joy, Juliet, Kemo, Lamin, Mary, Mohamed, Ousmane.

MARE NOSTRUM

E io sono più felice di voi,

E loro erano più felici di me;

E i pesci nuotano nel lago e non hanno neanche il vestito.

 

Saluto di Ezra Pound 

Personaggi: Michelangelo e Voci

 

E' piena Notte.

Il siciliano Michelangelo, sopra una vecchia barca, pesca nel Mar Mediterraneo.

Ascolta voci che arrivano chissà da dove. 

MICHELANGELO – Qui c’è sempre qualcosa da fare: un remo da verniciare, una rete da riparare, un nuovo pensiero da pensare… ogni cosa ho visto, ogni cosa… e ho sentito le voci dei vivi e ho sentito le voci dei morti.

E lo so io che cosa vado cercando mare mare. Lo so io.

PRIMA VOCE – Una mattina giunse la lettera dei ribelli: avrebbero attaccato il nostro villaggio il giorno quaranta. Però nessuno riusciva a capire che cosa significasse questo giorno quaranta.

Gli anziani del villaggio convocarono il gran consiglio per trovare la soluzione del mistero. Si fecero ipotesi: chi sosteneva che avrebbero attaccato quaranta giorni dopo… chi, visto che un mese di giorni ne ha trenta, divideva quaranta per due e proponeva di tenerci pronti per il giorno ventesimo… chi, consultando il calendario degli antichi, si mise a fare calcoli che non si capivano…

Nel frattempo le donne svuotavano tutti i negozi e riempivano le case di tutte le provviste. E tutte le sere ballavamo per scacciare la paura.

Dopo quattro mesi la paura cominciò a passare: i ribelli non si erano visti… la vita piano piano tornò normale.

Una notte noi giovani stavamo uscendo dal villaggio, per farci una passeggiata nel buio, quando all’improvviso un’esplosione! Tutti corremmo… io, correndo correndo, per mia sfortuna caddi dentro un tombino.

Ma non erano i ribelli: era la gomma di un camion abbandonato. Era esplosa la gomma di un camion abbandonato e io ero diventato per tutti il Signor Tombino!

I ribelli ci attaccarono due anni dopo.

SECONDA VOCE – Mia nonna diceva sempre: dove c’è il fiume, là c’è la tua casa.

TERZA VOCE – Io la matematica non l’ho capita mai.

Quando andavo a scuola, la maestra mi diceva di addizionare i pesci che mio padre pescava: «Se tuo padre porta a casa una cassetta di pescato, quanti pesci fanno quattro acciughe più dodici sardine?».

«Maestra, fanno quattro acciughe e dodici sardine».

«No – mi diceva la maestra – quanti pesci? Quanti? Forza, disegnali e poi li conti a uno a uno».

E io, testa dura: «Maestra, fanno quattro acciughe e dodici sardine».

«Ma no – mi diceva la maestra – sempre pesci sono. Dimmi: quanti pesci ha pescato tuo padre? Quanti?».

«Ma che pesci e pesci, signora maestra: quelle sono acciughe, quelle sardine…».

Che vi devo dire?!

Insomma, la matematica io non l’ho capita mai.

QUARTA VOCE – Dopo che mia madre fu morta, il capovillaggio mi fece chiamare. La domanda era che cosa volessi fare della mia vita. Gli risposi che la mia passione era la musica e che volevo lasciare il villaggio per studiare la musica. Il capovillaggio, pensieroso, così parlò: «È tradizione che i figli si prendano cura degli spiriti del villaggio. La musica è dono celeste, che unisce quello che è diviso e scioglie i nodi più stretti, ma non è prudente abbandonare i tuoi spiriti».

Quando avevo tredici anni scappai di notte verso la capitale.

Quando avevo quattordici anni, una mattina di maggio, incontrai un arabo di nome Bashir. Quando avevo quattordici anni andai a lavorare da Bashir. Quando avevo quattordici anni tutte le sere studiavo la musica.

Quando avevo diciassette anni Bashir non aveva molti soldi e non poteva più darmi soldi per lavorare nel suo garage.

Quando avevo diciassette anni Bashir così parlò: «Dietro quella montagna c’è una grande vallata, dietro la vallata c’è la costa marina. Al porto ci sono due barche bianche che salpano verso occidente…».

Così parlò quel giorno Bashir.

MICHELANGELO – Certe notti sono le onde che mi chiamano: «Michelangelo, Michelangelo, stacci a sentire». E io le sto a sentire… mi accendo un sigaro e le sto a sentire.

Le onde sono come le femmine, che parlano parlano parlano… e più tu le stai a sentire, più quelle si ammansiscono.

E parlano parlano parlano…

QUINTA VOCE – Dammi la tua risposta tu che sai tutto: pesa di più un chilo di patate dolci oppure un chilo di sabbia del deserto?

Allora? Cosa mi rispondi? Rispondi!

SESTA VOCE – A chi non piace mangiare?! A chi non piace il pesce?!

Nel mio ristorante, quando sarà aperto, si mangerà soltanto il pescato migliore (a trovarlo!).

Del mio ristorante io so quasi tutto… ma non dico niente se no ne aprite uno uguale. È il mio ristorante, quello.

Buon appetito!

SETTIMA VOCE – Non dovevo partire… non dovevo partire… non dovevo partire… non dovevo partire… non dovevo partire… non dovevo partire… non dovevo lasciare la casa… non dovevo lasciare la strada gialla… non dovevo lasciare il grande albero… non dovevo lasciare la finestra… non dovevo lasciare il lago dei bambù… non dovevo lasciare le sorelle… non dovevo lasciare la pietra di topazio…

OTTAVA VOCE – Rispondi a questo, ora: un re ha due mogli, una con i capelli ricci neri neri neri, una con i capelli lisci lunghi lunghi lunghi.

Quanti pesci ha mangiato il re domenica sera?

NONA VOCE – In un villaggio c’era un giovane uomo. Nella sua stessa casa ci viveva una giovane donna, che infatti gli era moglie. E sempre nella stessa casa (che aveva forma di mezza luna) ci viveva un bambino, che infatti gli era figlio: era il loro figlio.

Due giorni dopo l’uomo si svegliò alla prima luce dell’alba e disse al bambino che era figlio suo: «Oggi andiamo al grande lago per fare una gita bellissima». Disse così anche se ancora non lo sapeva se la gita sarebbe stata bellissima… ma così disse. E infatti il giovane uomo fece salire il bambino sulla sua bicicletta… e il giovane uomo e il bambino partirono.

La giornata era bellissima (infatti c’era un sole bellissimo) ma faceva moltissimo caldo: così il bambino disse al giovane uomo che aveva sete e il giovane uomo si avvicinò alla fontana. Alla fontana c’era una donna ricciolina che così parlò al giovane uomo: «Giovane uomo, come mai in due sopra una bicicletta? Chissà quanto sarai stanco, poverino!». Il bambino, senza dire una parola, scese dalla bicicletta e si mise a camminare accanto al giovane uomo.

Dopo dieci minuti il bambino ebbe di nuovo sete… ed ecco infatti la seconda fontana. Qua un vecchio uomo con un turbante azzurro così parlò al giovane uomo: «Giovane uomo, sono affari tuoi, lo so… ma come mai non fai salire il tuo bambino sulla bicicletta?». Il giovane uomo, senza dire una parola, scese dalla bicicletta, fece salire il bambino e si mise a camminare accanto a lui.

Quando arrivarono alla terza fontana, era il giovane uomo che aveva moltissima sete. Infatti: eccolo che beve. E mentre il giovane uomo si sta togliendo la sete, si fa avanti una signora con un vestito fiorato: «Buon giorno, bambino, come stai? Come mai non inviti tuo padre a salire sulla bicicletta insieme a te?».

Il bambino con grande saggezza così parlò: «Padre, eravamo tutti e due sulla bicicletta e non andava bene… eri da solo sulla bicicletta e non andava bene… ero da solo sulla bicicletta e non andava bene… secondo me la cosa migliore è andare a piedi!».

DECIMA VOCE – Una spiegazione ci deve essere, ma io non la so.

Il giorno che decisi di partire, mia madre si tolse la collanina d’oro e me la strinse nel pugno: per venderla.

Sapevo quanto ci tenesse a quella collanina: era la collanina del giorno del fidanzamento. Anche per questo, partendo, mi tremavano le gambe dallo spavento e tutti i giorni e tutte le notti sentivo il peso di quella collanina. Di quella collanina che era stata venduta per me.

Se sono riuscito a concludere qualcosa di buono, è merito di quella collanina.

Due anni fa, un pomeriggio di settembre, mentre passeggiavo da solo lungo la spiaggia, i miei occhi caddero sopra un foglio di giornale sepolto dalla sabbia. Era un giornale sportivo e fui curioso di leggere la notizia. Ma appena ebbi in mano quel foglio stropicciato… ecco luccicare sulla sabbia la collanina d’oro di mia madre! Con le sue iniziali mezzo cancellate!

Una spiegazione ci deve essere, ma io non la so.

MICHELANGELO – Al mio paese il mare non c’è. Sì, al centro della piazza c’è una grande fontana, ma non è la stessa cosa. Però io volevo vedere il mare… di giorno pensavo sempre al mare… di notte sognavo sempre il mare… dunque scelsi la vita del mare: che fai avanti e indietro, indietro e avanti… ogni tanto ti fermi… ogni tanto ritorni… e nessuno ti trova.

UNDICESIMA VOCE – Il fiume aveva nove figli.

Il fiume aveva nove figli e una barca.

Il fiume aveva nove figli, una barca e due remi.

Il fiume aveva nove figli, una barca, due remi e dodici pesci.

Il fiume una mattina disse al primo figlio di salire sulla barca, remare con i due remi, arrivare al villaggio vicino,  vendere i dodici pesci al cuoco della Locanda del Dragone e andare al mercato.

Il figlio del fiume salì sulla barca, remò con i due remi, arrivò al villaggio vicino, vendette i dodici pesci al cuoco della Locanda del Dragone e andò al mercato.

Al mercato c’era un banco di frutta.

Al mercato c’era un banco di frutta e un macellaio.

Al mercato c’era un banco di frutta, un macellaio e una bella panettiera.

Al mercato c’era un banco di frutta, un macellaio, una bella panettiera e un venditore ambulante di piccoli tamburi.

Il figlio del fiume comprò frutta, carne e pane per i suoi otto fratelli – e per se stesso comprò un piccolo tamburo.

Da quella notte, tutte le notti, il figlio del fiume suona il suo piccolo tamburo. Da quella notte, tutte le notti, con il suono del tamburo il fiume sogna sogni dolcissimi.

DODICESIMA VOCE – Se tu avessi un sacco pieno di fortuna ma niente bilancia, per vendermi un terzo della tua fortuna come faresti?

Ti do un’ora di tempo per dirmi la soluzione.

MICHELANGELO – Eravamo usciti a caccia di pesce spada. A un certo momento, vicinissimo alla barca, passa un pesce spada distratto dai suoi pensieri. Dico: ma che pensieri pensa un pesce spada?! Fu così che – pensando ai suoi pensieri – persi il momento e pesce spada ciao!

TREDICESIMA VOCE – Una notte camminavo in una grande città che so io e guardavo le strade illuminate dalla luna. Ero uscito dal lavoro e cercavo da mangiare.

Mentre mi avvicinavo a una rosticceria dove non ero  entrato mai, perché francamente non faceva una bella impressione, una voce di donna mi chiamò. Le parole non me le ricordo, ma mi invitava ad avvicinarmi alla sua finestra. La voce era bella e io mi avvicinai. 

La finestra era al livello della strada e non si vedeva niente perché la luce era spenta. Appena fui vicino alla finestra, la donna spostò la tendina e mi disse di darle la mano. Speravo la volesse carezzare, invece era per leggermi il destino.

Dopo cinque minuti la donna disse così: «Amico mio, questa è una biglia di vetro, portala sempre nella tasca sinistra. Sarà per te come un talismano. In più, le notti di luna piena, dentro la biglia riuscirai a vedere… la faccia della donna che non conosci».

«Maga – le dissi agitato – chi è la donna che non conosco?».

«È la donna che un giorno sarà tua sposa».

Infatti, guardando dentro la biglia, tre notti dopo riuscii a vedere…

No, non ce l’ho la biglia qua. E neppure la sposa, non ancora…

A dire la verità questo fatto non è successo a me, è successo due anni fa a un amico mio… ma è la stessa cosa, no?!

QUATTORDICESIMA VOCE – Al centro del mare c’era una grande isola. Al centro dell’isola c’era una grande casa con settecento stanze. In una di queste stanze – nella stanza più bella – viveva la principessa dagli occhi smeraldini. 

Al centro del mare c’era una grande conchiglia, che fu trovata per caso dal biondo marinaio. Un giorno di tanti anni prima, al biondo marinaio, sua nonna aveva detto che la verità la sanno le conchiglie. Ecco finalmente l’ora della verità: il biondo marinaio appoggiò l’orecchio alla conchiglia, ma la voce del mare gli disse che la verità… la sa la principessa dagli occhi smeraldini.

Il biondo marinaio andò sulla grande isola e riuscì a trovare la casa dalle settecento stanze, dove viveva la principessa dagli occhi smeraldini.

Il biondo marinaio bussò alla porta della prima stanza, ma nessuno rispose.

Il biondo marinaio aprì la prima porta, bussò alla seconda porta, ma nessuno rispose.

Il biondo marinaio aprì la seconda porta, bussò alla terza porta, ma nessuno rispose.

Il biondo marinaio aprì la terza porta, bussò alla quarta porta, ma nessuno rispose.

Il biondo marinaio aprì la quarta porta, bussò alla quinta porta, ma nessuno rispose.

Il biondo marinaio aprì la quinta porta, bussò alla sesta porta, ma nessuno rispose.

Il biondo marinaio aprì la sesta porta, bussò alla settima porta, ma nessuno rispose.

Giunto che fu alla seicentonovantanovesima porta…  finalmente una voce rispose: era lei, era la principessa dagli occhi smeraldini! E non aveva solo gli occhi smeraldini: aveva un vestito smeraldino, le scarpe smeraldine, il sorriso smeraldino…

Ma immaginate la faccia del biondo marinaio, quando la principessa dagli occhi smeraldini gli disse che la verità… la sa la farfalla mattacchiona. Il biondo marinaio non si perse d’animo e diede alla principessa dagli occhi smeraldini… un bacio sulla bocca.

Ora, biondo marinaio, la verità la sai!

MICHELANGELO – In questo mare si specchiano due miraggi: il nostro, quello di un altrove esotico… e il miraggio di questi che arrivano per cercare il loro altrove qua.