Festeggiata dai raddusani santa Giuseppina Bakhita. Il vescovo Peri ha celebrato una messa

  • di Redazione Il Solidale
  • 10 feb 2021
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Festeggiata dai raddusani santa Giuseppina Bakhita. Il vescovo Peri ha celebrato una messa

RADDUSA – Nel pomeriggio dell’8 febbraio scorso i numerosi fedeli della parrocchia Immacolata Concezione di Raddusa hanno festeggiato Santa Giuseppina Bakhita con una cerimonia, esclusivamente religiosa nel pieno rispetto delle norme anti covid-19,  tenutasi nella nuova chiesa parrocchiale realizzata a ridosso del villaggio San Nicolò. La solenne celebrazione eucaristica è stata presenziata da S.E. Mons. Calogero Peri, Vescovo della Diocesi di Caltagirone, a cui la parrocchia di Raddusa appartiene, che l’ha officiata in collaborazione con il nuovo parroco don Mauro Ciurca, con l’ex don Pietro Mannuca, e con una schiera di chierichetti che, sotto la sapiente guida del laico Lirio Ribaudo, hanno arricchito la cerimonia con un servizio di notevole impegno. La comunità cattolica raddusana da sempre è stata legata alla “Santa Moretta” in quanto ha rappresentato l’ordine delle Suore Canossiane che a Raddusa, per più di 60 anni, sono stati di grande aiuto per la crescita morale, sociale, culturale e religiosa di tutta la comunità. Così, nell’occasione della ricorrenza del 74° anniversario della Sua morte, i fedeli della Parrocchia Immacolata Concezione hanno voluto festeggiare la “Santa Moretta” unendosi a Lei nella preghiera. Nel corso della celebrazione, a molti è ritornata in mente la tormentata storia di Giuseppina Bakhita, nata da una famiglia numerosa nel 1869 in un villaggio del Darfur, nel cuore dell’Africa, e fatta Santa da Benedetto XVI° per il Suo smisurato impegno verso gli “ultimi”. Nel 1878, quando aveva appena nove anni, fu rapita da due mercanti di schiavi che la vendettero. Visse fra traversie varie, passando di padrone in padrone fino a quando venne acquistata da un agente consolare italiano, certo Calisto Lignani di Verona, che, nel 1886, la portò in Italia e la regalò alla moglie di un amico, certa Maria Turina Michieli, che cercava una bambinaia per la figlia. Due anni dopo però la signora Michieli dovette trasferirsi in Sudan per cui decise di affidare la figlia e la schiava moretta alle Suore Canossiane di Venezia. Qui Giuseppina Bakhita iniziò il catecumenato e cominciò ad essere pian piano istruita dalle suore su “quel Dio che lei fin da bambina sentiva nel cuore senza sapere chi fosse”. Il 9 gennaio del 1890 ricevette il Battesimo, la Cresima e la Prima Comunione e le fu dato il nome di Giuseppina Maria Margherita Bakhita (il nome di Bakhita, che significa Fortunata, glielo avevano dato i suoi rapitori). Sentendo la forte vocazione religiosa, nel 1893 iniziò il noviziato dalle Canossiane e l’8 dicembre 1896  pronunciò i voti e divenne “Madre Moretta”. Nel 1902 fu trasferita presso il convento canossiano di Schio dove trascorse gli ultimi 45 anni della sua vita terrena tormentati da una dolorosa malattia ma sempre al servizio degli “ultimi”. Morì l’8 febbraio del 1947 affermando “se incontrassi quei negrieri che mi hanno rapita e anche quelli che mi hanno torturata, mi inginocchierei a baciare le loro mani, perché, se non fosse accaduto quello che mi è accaduto non sarei ora cristiana e religiosa”. E adesso, che è anche Santa, è venerata dai milioni di fedeli della religione cattolica mondiale tra cui quelli appartenenti alla Parrocchia Immacolata Concezione di Raddusa che l’hanno ricordata e festeggiata con fede. Nella foto un momento della celebrazione in onore di Santa Giuseppina Bakhita.   Francesco Grassia