Report: Sud Italia, due milioni in fuga in 16 anni

  • di Redazione Il Solidale
  • 2 ago 2018
  • CRONACA

A leggere il Rapporto sembra quasi che il Sud sia il laboratorio di quanto sta emergendo nell'economia. Sale l'occupazione, ma solo quella precaria. In tutto il Mezzogiorno nel 2017 la crescita dei posti di lavoro è stata determinata quasi esclusivamente dai contratti a termine (+61mila, pari a +7,5%), mentre quelli a tempo indeterminato sono sostanzialmente stalibili con un misero +0,2%. Negli anni degli sgravi contributivi erano saliti al 2,5%, ma finiti i vantaggi gli imprenditori non hanno rinnovato i contratti. Il futuro per i giovani è poi ancora più buio, tant'è che molti se ne vanno e la forza lavoro è ormai anziana. Il problema del lavoro che non c'è è ormai diventato endemico, favorendo l'esclusione di una quota crescente di cittadini dal mercato. E' raddoppiato tra il 2010 e il 2018 il numero di famiglie dove tutti cercano un lavoro. E' salito il numero di quelle senza alcun occupato e anche chi una occupazione ce l'ha non è detto se la passi bene. E' nel Sud che si tocca con mano il fenomeno dei working poor, occupati ma poveri, perchè le retribuzioni sono da fame. Non solo. Il part time non è una scelta volontaria nel Mezzogiorno, ma per lo più è imposto dalle imprese. Sono le periferie il terreno dove tutto questo si consuma.

Un disagio economico che fa tutt'uno col disagio sociale. Gli italiani del Sud sono persone a cittadinanza "limitata". I diritti fondamentali sono carenti in termini di vivibilità locale, di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura. Nel comparto socio-assistenziale il ritardo riguarda sia i servizi per l’infanzia che quelli per anziani e non autosufficienti. Ma è l’intero comparto sanitario che presenta differenze in termini di prestazioni, che sono al di sotto dello standard minimo nazionale. E i viaggi della speranza, da Sud verso gli ospedali del Nord ne sono la conferma, soprattutto in alcuni campi di specializzazione. Giù al Sud, se qualcuno in famiglia si ammala seriamente, rischia l'impoverimento tutto il gruppo familiare. Non va meglio per l'efficienza degli uffici pubblici. C'è un indice che riassume il divario crescente tra Nord e Sud per quanto riguarda la vita di tutti i giorni. L'ha creato Svimez. Eccone alcuni esempi. Fatto 100 il valore della regione più efficiente, il Trentio Alto Adige, la Campania si attesta a 61, la Sardegna a 60, l'Abruzzo a 53. Calabria (39), Sicilia (40), Basilicata (42) e Puglia (43) sono sotto la media. Vivere lì costa tempo e fatica.

Nonostante la crescita del Pil nel 2017 sia stata in linea con quella italiana, recuperando le tante posizioni perse nel corso della lunga crisi economica, le sue arretratezze sono sempre lì e rischiano di esplodere se lo Stato non decide di intervenire con forti investimenti pubblici in quell'altra metà d'Italia, dove ormai sta mutando anche la conformazione storica. Nel 2017 ci sono stati più morti che nati, i giovani se ne vanno e iniziano a scappare anche gli stranieri. In 16 anni hanno lasciato il Sud 1 milione e 883mila residenti, la metà giovani ed è la Sicilia la regione dove l'emorragia è dirompente. Un Rapporto Svimez fatto più di ombre che luci.

Il Sud tra il 2015 e il 2017 ha fatto passi avanti, recuperando parzialmente il patrimonio economico e sociale andato disperso dalla crisi economica. Il dato della crescita del Pil nel 2017 è lì a dimostrarlo (+1,4%), ma è stata una ripresa trainata dal Nord, come sempre d'altra parte, e che rischia di naufragare. Cosa è mancato? Gli investimenti pubblici. E su questo punto i ricercatori Svimez sono fermi. Nel 2019, prevede l'Istituto "si rischia un forte rallentamento dell'economia meridionale: la crescita del prodotto sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud".

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