Paolo Ragusa:"Più Sud nel Paese e più coraggio verso le imprese"

  • di Redazione Il Solidale
  • 10 nov 2015
  • OPINIONI

Paolo Ragusa:"Più Sud nel Paese e più coraggio verso le imprese"

Anche a rischio di essere ripetitivi, è bene ricordare che dopo il grido di allarme lanciato in estate dalla Svimez, nel suo ultimo rapporto sulla condizione del Mezzogiorno, ancora aspettiamo una risposta straordinaria al bisogno di futuro delle popolazioni del Meridione d’Italia.
Il governo ha recentemente pubblicato le linee guida dell’ormai famoso “Masterplan Sud” ma il documento non va oltre a una riprogrammazione ordinata della spesa dei fondi strutturali 2014 – 2020, in atto programmati per un valore presunto di 7 miliardi di euro. Ma, in effetti, bisogna riconoscere che già l’effettiva spesa dei fondi europei - obiettivo più volte fallito dalle regioni meridionali – garantirebbe una forte accelerazione allo sviluppo del Mezzogiorno.
La Legge di Stabilità proposta dal governo non mette di sicuro il Sud al centro della politica di rilancio del Paese, non creando nessuna condizione di vantaggio capace di favorire nuovi investimenti e nuova occupazione nelle regioni meridionali. Infatti, è assai auspicabile che nel passaggio parlamentare vengano introdotte misure selettive, magari incrementando il valore della decontribuzione per i nuovi assunti nel Mezzogiorno e premiando maggiormente sul piano del risparmio fiscale le imprese che investono in questa stessa area del Paese.
Serve più coraggio nel sostenere, e su questo concordo con il giudizio espresso dalla Confindustria, le imprese private che sono l’unico soggetto economico capace di creare nuovi posti di lavoro stabili e generare ricchezza aggiuntiva.
In tutti i miei precedenti interventi ho più volte segnalato la necessità di investire su meccanismi di riconoscimento automatico degli incentivi, fuori da ogni logica di intermediazione burocratica, se non addirittura politica, per dare alle imprese certezza del diritto e garantire alle stesse immediata fruizione del beneficio economico riconosciuto.
Questo è quello che già sta accadendo con successo con la decontribuzione sui nuovi assunti a tempo indeterminato, prevista nell’ambito del jobs act, e come si legge sui giornali, speriamo possa accadere con il ripristino del credito di imposta a beneficio dei nuovi investimenti nel Mezzogiorno, già nella Legge di Stabilità che uscirà dal Parlamento.
Inoltre, in determinate aree del Mezzogiorno, fortemente segnate da crisi occupazionali e/o da danni gravi e persistenti alla struttura produttiva locale, perché non istituire delle “zone franche compensative”, anche a termine, per fare ripartire l’economia dei territori? Qualcuno forse penserà alle aree agrumetate di Mineo e Grammichele, fortemente compromesse dalle calamità naturali dello scorso 9 Settembre? Si, avrà pensato bene!
In questo contesto il Ponte sullo stretto di Messina resta comunque il punto di svolta, anche simbolico, sulla reale attenzione che il Paese vorrà riservare al Sud e nello specifico alla Sicilia, facendo del bene non solo al Mezzogiorno ma all’intera Nazione.
Non ci arrendiamo all’idea che si debba scegliere tra questa grande opera e le tante, necessarie e urgenti, infrastrutture di cui ha bisogno la nostra regione, divisa a metà da un’autostrada che è ancora interrotta o in sofferenza per l’acqua che non arriva nei rubinetti delle case dei siciliani.
Noi pretendiamo, non essendo italiani di una categoria inferiore, sia l’uno – il Ponte – che le altre piccole opere! Paolo Ragusa - Presidente Centro Studi C.E.S.T.A.